martedì 29 settembre 2009


PINK ROOM STUDIO:UN RIFUGIO CHE CAMBIERA' IL MONDO

Dietro le “quatto mura bizzarre” del Pink Room Studio, a Francavilla Fontana in provincia di Brindisi, si cela l’idea di un collettivo musicale che cerca di riunire e promuovere la scena musicale indipendente locale, lasciata troppo spesso da parte. Abbiamo avuto modo di saperne di più intervistando Giuseppe Gioia, giovane cantautore ideatore e fondatore del progetto.
Chi c’è dietro le “quattro mura bizzarre” del Pink Room Studio? Dove e come nasce il progetto?
Dietro le “quatto mura bizzarre” del Pink Room Studio si cela l’idea di un collettivo musicale che cerca di riunire e promuovere la scena musicale indipendente, che spesso viene lasciata da parte. L’idea mi è venuta riflettendo sulle passate esperienze avute con il mio progetto musicale (il progetto ORb) e alcune registrazioni ospitate nel mio umile studietto-rifugio ricavato in una cantina nel cuore della città - Francavilla Fontana (BR) ndr - che tranquillamente ignora il tutto. A causa di un daltonismo che scambia il rosa per il bianco le mura di quel rifugio hanno assunto questa strana forma cromatica e poi da li ho capito che restare chiusi e pensare solo a se stessi e pochi intimi era sbagliato e bisognava andare fuori: fare un lavoro di studio e ricerca e cercare di fare rete in tutta la scena musicale indipendente italiana che è una vera e propria miniera d’oro.

Da chi o da cosa i musicisti del Pink si rifugiano veramente?
Cerchiamo un rifugio nel quale la nostra indole, spesso bistrattata e umiliata, possa dare libero sfogo alla moltitudine di emozioni in musica.
La vostra non sarà per caso una rivoluzione silenziosa? Cosa tramate in questo piccolo studio rosa?
Più che di rivoluzione silenziosa mi piace parlare di una nuova filosofia di promuovere e produrre musica facendo rete. Pink Room non vuole restare qualcosa di fisico e imponente, ma vuole aleggiare nell’aria, parlare tra la gente, insinuarsi sotto pelle e divenire un modo di fare e pensare la musica alternativo ad una realtà che spesso è indifferente agli stimoli artistici.
Musica per “sfondare” o musica che si crea ed esiste anche solo per il fatto di condividerla con i propri amici: qual è la reale tendenza al giorno d’oggi?
Al giorno d’oggi se sei un emergente e vieni contattato da un produttore questo ti chiede sei mila euro per registrare il tuo disco d’esordio promettendoti mari e monti per poi abbandonarti dopo aver incassato il malloppo. Siamo fermamente convinti del fatto che non si possa parlare di musica, con lo stesso stile usato per un semplice estratto conto. Non ci poniamo nemmeno il problema di sfondare o meno; vogliamo semplicemente dimostrare che non per forza bisogna truffare gli emergenti, ma che esiste ancora chi è pronto a spendere energie e tempo per l’amore delle emozioni.
Cosa cercano le bands che vogliono aderire al vostro progetto?
Cercano appunto un rifugio e della gente che sappia capire le loro esigenze, i loro bisogni e le loro paure. Spesso al giorno d’oggi le etichette medio-grandi non sono più gestite da veri musicisti o appassionati, ma da imprenditori che fanno inorridire chi fa musica per un bisogno vitale.
La musica domestica - il cosiddetto lo-fi - come scelta estetica o come inevitabile punto di partenza?
Si è trattato di un semplice punto di partenza; d’altronde da una parte bisognava pur cominciare e quella del lo-fi era una strada facilmente percorribile.
Sono curioso di sapere che generi raccogliete.
Questa è una regola fondamentale di Pink Room: non esistono generi o stili preferiti o rigide direttive artistiche da seguire. Raccogliamo ogni forma emozionale di musica, l’unico requisito è il sentirsi indipendenti e liberi.

Qualche nome e qualche parola sui gruppi associati?
I gruppi e gli artisti associati crescono di giorno in giorno e non vorrei fare un torto dimenticando i nomi di qualcuno. Abbiamo una “grande famiglia” che abbraccia artisti che coprono l’intero stivale:dalla Valle d’Aosta a Siracusa. Solo per citartene alcuni: Santo Barbaro, Collettivo Ginsberg, Carmelo Amenta, Francesco Manfredi, John Mario, Cadabra, Stone Blind, Amintore Farfuglia, Scat, Piccola Banda Brigante, Pierpaolo Scuro, Salvatore Iaia, Antonio Di Lena e Rosario Magazzino. L’altro nostro punto di forza è l’aver stretto rapporti di collaborazioni con realtà indipendenti come: etichette, associazioni e centri culturali.

Vuoi parlarci della prima edizione del Pink Room Festival? È davvero così forte e comunque indispensabile l’esigenza di uscire allo scoperto ogni tanto?
Il primo Pink Room festival lo considero un successo sotto molti punti di vista:l’aver proposto un festival di cantautorato in una terra come la nostra che ignora tutti gli impulsi provenienti dall’undeground; l’aver messo in piedi tutto questo autofinanziando il tutto senza dover dire grazie a nessuno. È stata una serata che mi ha fatto capire che stiamo percorrendo la strada giusta e che uscire all’esterno è l’unico modo per far si che una nuova filosofia possa far breccia tra la materia grigia della gente.

Bene, a questo punto mi viene da chiedere che peso darete al pubblico e quindi all’esibizione dal vivo nei vostri programmi futuri.
Un peso fondamentale. Facendo bagaglio dell’esperienze live avute sin ora, sia il Pink Room Festival e lo spazio offerto al collettivo durante la Notte Bianca di Francavilla Fontana abbiamo deciso di organizzare una due giorni durante le vacanze natalizie a Francavilla. In questi due giorni vogliamo prima di tutto, promuovere la prima compilation del collettivo che vedrà la luce alla fine di quest’anno e poi portare ancora una volta live gli artisti di Pink Room inserendoli in un programma di concerti, dibattiti e confronti.

Ultimamente avete deciso di aprire anche uno spazio radio sul web che potesse dare la giusta eco ai vostri sforzi: il bilancio di questa recente scelta?
Per ora Pink Room Radio è una umile e semplice web radio che trasmette in streaming 24 ore su 24 (nei limiti del possibile) la musica degli artisti associati al collettivo. Per il futuro speriamo di allargare il palinsesto ad interviste, programmi e unplugged in radio.
Ultima domanda: cosa potrebbe rendere veramente pessimisti chi come voi si cimenta in un progetto del genere?
Quello che ci rende pessimisti è il dover fare i conti con chi gestisce l’ambiente musicale italiano ad alti livelli, restando sordo ed indifferente alle nostre esigenze. Ti faccio un semplice esempio: per produrre la nostra compilation, se dovessimo farci carico di tutte le spese SIAE, stampare 500 copie del disco ci verrebbe a costare un occhio della testa. Certa gente che si pone come portatrice di tutela e giustizia dovrebbe rendersi conto che noi indipendenti restiamo sempre più soli ed intorno a noi si fa terra bruciata. Questo ci fa paura e ci preoccupa, per il resto contiamo sulle nostre forze.
Vi faccio i complimenti e un sincero in bocca al lupo per il futuro.
Grazie a voi per lo spazio che ci avete dedicato.

Fabrizio Allegrini

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